Come sarà la scuola post pandemia? L'esperto: "Basta con i debiti, i ragazzi sono in credito"
Chiacchierata con Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro e docente del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano Bicocca.
Il problema non può essere ridotto al solo fatto di tornare a scuola in presenza (da domani, lunedì 25 gennaio 2021, anche i ragazzi delle superiori torneranno in presenza), perché la questione vera è un’altra, e cioè: quale tipo di scuola aprirà? Non vorrei infatti che una volta riportati i ragazzi in classe, gli adulti tornassero a fare la scuola di prima, pronti a interrogarli e magari anche a bocciarne qualcuno». A difendere a spada tratta gli adolescenti contro la demagogia del mondo degli adulti è lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro e docente del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano Bicocca, intervistato in esclusiva dal Giornale di Merate.
La scuola post pandemia secondo Lancini
All’esperto di problematiche dell’adolescente, che molti meratesi ricorderanno di aver ascoltato tre anni fa in città ospite dell’associazione DietroLaLavagna, abbiamo chiesto di commentare il profondo disagio manifestato dagli studenti che nei giorni scorsi, a Merate come in tutta Italia, hanno protestato contro la Dad, ribattezzata sarcasticamente «Disagio a distanza». La scuola post pandemia non potrà essere uguale a quella di prima, sostiene Lancini. «A partire dal sistema di valutazione tradizionale, che non è più di nessuna utilità da tempo e che prevede di interrogare i ragazzi come se fossimo a cinquant’anni fa - afferma infatti Lancini - Oggi i ragazzi devono essere interrogati attraverso prove che si svolgono con internet aperto, la rete. Una volta si parlava di open book, oggi di open internet: quello che oggi conta di più è far fare lezione a loro e valutarli su quello che propongono loro. I processi di apprendimento sono del resto percorsi che partono dalle differenze di ogni singolo ragazzo, ma di questo, agli alti livelli della scuola, si parla ormai da quasi quarant’anni...».
Tutti in presenza e collegati a internet
Quindi sì alla riapertura della scuola, ma tutti in presenza e collegati in internet. «Anziché pensare solo ai banchi e alle mascherine, si provveda invece a collegare a internet almeno tutte le scuole secondarie di secondo grado, ma sarebbe meglio anche le secondarie di primo grado: questo dovrebbe essere la didattica digitale integrata». E poi «sarebbe auspicabile che la scuola riaprisse di nuovo per non chiudere mai più», facendo in modo che diventi la vera alternativa ai centri commerciali e a internet che sono gli unici spazi che gli adulti hanno lasciato ai ragazzi, «non che loro si sono scelti e nei quali si sono rifugiati». «Sogno una scuola aperta 24 ore al giorno, connessa, e dove il sabato e la domenica si possano fare tante attività collegate al territorio - continua il presidente della Fondazione Minotauro - così da farne il vero luogo di costruzione di un processo di crescita che dia un futuro ai ragazzi».
E' mancata la relazione con docenti e compagni
Quello che è mancato agli studenti, sottolinea ancora Lancini, non è tanto il ritardo degli apprendimenti - perché ci sono professori che stanno facendo lezioni in Dad davvero straordinarie, di gran lunga migliori di alcune lezioni fatte in presenza - ma la relazione con i docenti e soprattutto i compagni. «Se sapremo trasformare questa situazione drammatica in un’occasione di sviluppo, bene, altrimenti ci saranno conseguenze importanti. Durante il primo lockdown i ragazzi hanno dato prova di sapersi comportare in maniera responsabile, hanno compreso quello che stava succedendo e si sono comportati in maniera adeguata. Ora con il prolungarsi della Dad mostrano segni di sofferenza e insofferenza, ma non è vero che si sono comportati in maniera irresponsabile, come hanno titolato molti giornali quest’estate riguardo alla movida, che in realtà ha riguardato i più grandi, i giovani adulti. E non è neppure vero che sono menefreghisti nei confronti degli anziani, perché, al contrario, se c’è una generazione legata ai nonni è proprio questa, per il semplice fatto che sono stati i nonni a crescerli».
I ragazzi di questa generazione non sono contestatori
«Per diversi motivi gli adolescenti di questa generazione non contestano e non si oppongono, nonostante gli abbiamo disboscato il pianeta, plastificato i mari, creato una crisi economica senza precedenti e rubato loro il futuro - sottolinea Lancini - Non sono dei veri contestatori, sono pacifici, ma almeno si facesse loro il piacere di aprire una scuola diversa. Temo invece che una volta tornati in classe, ci saranno ancora docenti che credono che questi ragazzi vadano valutati perché hanno dei debiti, quando invece hanno dei crediti verso gli adulti. Succederà che li interrogheranno e forse li bocceranno anche: a quel punto avranno ragione gli adolescenti a rifiutare gli adulti che li hanno delusi e a rivolgersi al mondo di internet, degli youtuber, degli influencer e dei coetanei. Già la famiglia e la scuola hanno perso autorevolezza in questi anni, ma non perché i ragazzi li confliggano, bensì perché capiscono che gli adulti sono troppo confusi e fragili per poter svolgere una funzione identificata con loro. Riapriamo pertanto la scuola, ma identificata con le loro di esigenze, non con le nostre di adulti».
Il tema della bocciatura
E poi c’è il problema, ancora da valutare nella sua portata, della dispersione scolastica, in drammatico aumento durante l’emergenza sanitaria. «Ci sono ragazzi che soffrono enormemente la didattica a distanza ed altri che con la chiusura degli istituti hanno abbandonato la scuola - afferma il professor Lancini - Non vorrei però che poi in nome della dispersione riaprissimo la scuola a marzo o aprile, per poi bocciarli perché sono rimasti indietro nel programma, perché a quel punto sarebbe davvero una beffa. Tra l’altro, il dato che nessuno osa dire è che la dispersione scolastica in Italia è causata principalmente dalla bocciatura nel biennio delle superiori. Ma ci sono modi diversi della bocciatura per i docenti di mostrare la loro autorevolezza».
Non sia una battaglia ideologica
Quindi, di nuovo, sì alla riapertura della scuola, ma a patto che non sia una battaglia ideologica degli adulti che gli adolescenti sposano per permettere agli adulti di dormire sonni tranquilli: «La scuola deve riaprire tenendo conto di quello che è successo, che c’è un’emergenza sanitaria planetaria e che tutto è cambiato, ma se tutto tornerà come prima, che Dio ce ne scampi. Tra l’altro fino a marzo abbiamo continuato a ripetere ai nostri ragazzi che lo smartphone era il male assoluto, salvo poi dire loro il giorno dopo, il 9 marzo, di riaccenderlo e rimanervi incollati per cinque ore, pena il rischio di essere bocciati. Ci sono contraddizioni pazzesche nel percorso formativo e questa è una delle tante».
Creare microcomunità di socializzazione
Alla fine di questa drammatica situazione chi davvero porterà più ferite della conseguenze della pandemia saranno gli adolescenti, ma anche e soprattutto i giovani adulti: «Perché c’è una crisi economica spaventosa di cui i giovani che si stanno affacciando al mondo del lavoro saranno i primi a pagare lo scotto». Eppure di loro, degli adolescenti e dei giovani adulti, nessuno si cura. Il perché lo si legge sui giornali e lo si sente sempre più spesso anche nei dibattiti televisivi: i ragazzi dai 14 ai 18 anni non votano, pertanto non contano nulla. Ma questa è un’altra storia, anche se comunque pertinente. Come tener botta, allora, in una situazione destinata a prolungarsi nel tempo? «L’invito è a riunire i ragazzi in microcomunità di socializzazione, composte da 4, massimo 5 persone, a casa di qualcuno. Se le scuole non riapriranno, che si facciano i tamponi e si permetta ai ragazzi di stare insieme, se no davvero li troveremo solo su internet e costretti a frequentare solo i genitori».
Sabina Zotti