Salute e benessere

Vulvodinia, come le donne possono guarire da questa malattia “trascurata”

Intervista al dottor Dario Recalcati, ginecologo dell’ambulatorio di patologia vulvare alla Clinica San Martino

Vulvodinia, come le donne possono guarire da questa malattia “trascurata”
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Per celebrare la festa della donna non basta fare gli auguri l’8 marzo, ma è necessario contribuire a migliorare la vita delle donne, a ogni livello. Un passo importante, dal punto di vista medico ma anche culturale, è stato il riconoscimento di una particolare patologia, la vulvodinia. Magari si ricordano personaggi famosi che si sono fatti bandiera per portare all’attenzione mediatica questo problema, di cui è stata presentata anche una proposta di legge per riconoscerla come malattia cronica e invalidante.

Vulvodinia, come curarla

Un problema che colpisce tra le 7 e le 12 donne su cento e che per tanti anni è stato ricondotto solo a una questione per lo più psicologica e non fisica. Ma che oggi si può affrontare e curare.

Spiega il dottor Dario Recalcati, ginecologo dell’ambulatorio dedicato alla vulvodinia della Clinica San Martino:

"La vulvodinia ha un’incidenza estremamente alta e per tanti anni non è stata riconosciuta, infatti è considerata una patologia negletta, trascurata o meglio non diagnosticata".

Come mai questa mancanza di attenzione?

"Il motivo è che dal punto di vista anatomico non si vede nulla, almeno a prima vista, perché si tratta di un’alterazione delle terminazioni nervose o dei muscoli a livello del pavimento pelvico, quindi non avendo un esame obiettivo che riuscisse a vedere la patologia è stata negata e le donne colpite venivano considerate persone con problemi psicologici o relazionali, perché non riuscivano o volevano avere rapporti sessuali".

Il dottor Dario Recalcati insieme alle ostetriche Maria Cristina Bonfanti e Sara Monterisi dell’ambulatorio di patologia vulvare e vulvodinia di Clinica San Martino

Ecco, cosa succede nelle donne e quali sono i sintomi?

"La vulvodinia provoca dolori cronici nella zona della vulva e della vagina. Il primo sintomo che si manifesta, infatti, spesso è il dolore durante i rapporti sessuali, ma può arrivare a causare difficoltà ad accavallare le gambe, stare seduti o andare in bicicletta. La qualità della vita e della relazione di coppia vengono sicuramente minati in modo importante. Per molto tempo non è stata considerata. Poi si è scoperto che si verificano delle alterazioni nelle terminazioni nervose o a livello dei muscoli, quindi si abbassa il livello di soglia del dolore e aumenta la sensibilità: un normale tocco o sfregamento possono essere percepiti dolorosi, e da qui nascono le difficoltà nel rapporto intimo e nel fare altre cose considerate normali".

Quali sono le cause e a quale età si verifica maggiormente?

"Può colpire a qualunque età: gli attuali studi sull’incidenza indicano principalmente tra i 20 e 40 anni, anche perché è la fascia maggiormente attiva sessualmente. Ma si registra anche un 15% tra i 50 e i 60 anni, una percentuale non trascurabile. Per quanto riguarda le cause, se ne riconoscono diverse, si tratta di una sommatoria di eventi che scatenano il fenomeno: infezioni ricorrenti, soprattutto da candida, a volte si nota un peggioramento in chi usa la pillola contraccettiva, microtraumatismi ripetuti. Attualmente si stanno svolgendo tanti studi in merito e si sta analizzando anche la componente della familiarità, delle alterazioni genetiche e delle alterazioni della flora vaginale. Diciamo che un quadro completo si sta delineando più chiaramente solo adesso".

Ma è possibile prevenirla?

"La prevenzione può essere fatta cercando di evitare le infezioni, prestando attenzione alle norme igieniche corrette, utilizzando detergenti e creme che non favoriscano l’ipersensibilità. La cosa più importante è riconoscere per tempo i sintomi, quando cominciano le modificazioni a livello del tessuto vulvare: prima si interviene maggiore è l’efficacia della cura. In passato le donne andavano avanti anni prima di avere una diagnosi corretta, non è facile riconoscere chiaramente i primi sintomi, per questo è fondamentale riferirsi a un centro specializzato e a figure esperte".

Quindi è possibile curarsi e guarire?

"Certamente. Non basta fare la diagnosi, è necessario un percorso di cura che si compone di tante figure specializzate - ginecologo, ostetrica, fisioterapista - e di opzioni terapeutiche differenti: si deve valutare caso per caso se utilizzare farmaci e quali, se vadano assunti per bocca o infiltrati localmente, se vada effettuata prima una riabilitazione del pavimento pelvico, se serva l’ausilio di strumentazione complessa quali Tens, elettrostimolazione, laser terapia o elettroporazione. Serve un lavoro in team. E certamente si può guarire soprattutto se si affronta precocemente, perché le modificazioni sono più facili da ricondurre alla normalità, attraverso un percorso più o meno rapido a seconda del grado di alterazione da cui si parte".

E’ per questo che nasce il vostro ambulatorio?

"Il servizio della Clinica San Martino nasce da un bisogno estremamente presente, poiché sono pochissimi i centri che si occupano di questa problematica a tutto tondo. Le alterazioni possono essere a diversi livelli, quindi la terapia deve essere studiata ad hoc sulla specifica situazione della paziente. E servono pertanto diverse figure specializzate in grado di saper riconoscere e trattare le diverse cause".

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