Olgiate Molgora

L'appello di Don Giancarlo: "Torniamo a vivere nella fede"

Il parroco di San Zeno si è raccontato a cuore aperto in occasione del suo anniversario di ordinazione.

L'appello di Don Giancarlo: "Torniamo a vivere nella fede"
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«Quando a scuola mi chiesero cosa volessi fare da grande scrissi “Il muratore... o il prete”. In collegio però non credevano in me, così per entrare in seminario me ne andai».

Don Giancarlo: una vita per gli altri

E’ una vita dedicata agli altri, agli ultimi, ai ragazzi di periferia e ai tossicodipendenti quella di don Giancarlo Cereda, parroco di San Zeno dal 1994 che nei giorni scorsi ha festeggiato il suo 55esimo anniversario di ordinazione con due anni di ritardo a causa della pandemia.
Nato nel 1940 nell’allora Comune di Cernusco-Montevecchia, da bambino si trasferì con la famiglia a Verderio Superiore. «Mio papà era un coltivatore di ortaggi e fiori, che poi rivendeva al Mercato agricolo di Milano, e aveva preso in gestione un grande campo proprio a Verderio. Così, con mia mamma, mio fratello Franco e mia sorella Fernanda ci trasferimmo e la mia parrocchia di riferimento, quella in cui nel 1965 celebrai la prima Messa da prete, fu proprio quella di Verderio Superiore» racconta il don ripercorrendo il filo dei ricordi.

"In una tema scrissi che avrei fatto il muratore... o forse il prete!"

«Ero un bambino molto vivace, così i miei genitori in terza elementare mi mandarono nel collegio dei Guanelliani a Cassago. Lì, grazie alla maestra Enrica Corti, cambiai molto: il collegio servì per farmi riflettere e per ridimensionarmi un po’ e a quel punto arrivò la vocazione. Nessuno però credeva in me e così, quando avevo 11 anni e frequentavo la prima commerciale, decisi di lasciare tutto per iscrivermi al Seminario arcivescovile di Milano - prosegue don Giancarlo - Mio padre non la prese bene, si aspettava che seguissi le sue orme e portassi avanti l’attività di famiglia. Mia madre invece era dalla mia parte, ma mi raccomandò: “Se devi fare il prete, fallo bene”».
Così, dopo 13 anni in seminario, il 26 giugno del 1965 divenne prete e venne destinato al Collegio San Carlo di Milano come vicedirettore della scuola media. «Erano anni difficili, gli anni delle proteste studentesche. Quando nel 1968 esplosero le rivolte, tanti giovani turbolenti vennero mandati da noi: i professori camminavano a un ritmo ma questi studenti avevano un passo diverso, chiedevano momenti di riflessione, qualcosa che andasse al di là dello studio e del voto fine a sé stesso - spiega il parroco - Io avevo 25 anni e un po’ li capivo, condividevo alcune loro proposte, così quando nel 1970 ci furono le “epurazioni” me ne andai anche io».

L'esperienza a San Galdino, tra i poveri e i tossicodipendenti

Da allora, per don Giancarlo, si aprirono anni estremamente impegnativi ma anche gratificanti, che cambiarono il volto della periferia milanese e poi anche del territorio meratese. «Diventai coadiutore nella periferia di Milano, dove c’erano le case minime per i meridionali appena saliti al Nord: ogni famiglia aveva un solo locale a disposizione e i neonati dormivano nei cassetti dei comò. Poco distante c’erano i palazzi della città e tra le due zone c’era una grande divisione: i ragazzi frequentavano scuole e ambienti diversi, ma l’oratorio era uno soltanto» aggiunge don Giancarlo, che in quegli anni riuscì, girando con un pulmino e organizzando giochi nelle contrade, a riunire tutti i bambini a prescindere dall’estrazione sociale, contribuendo poi alla costruzione di un’unica chiesa per la parrocchia di San Galdino e di alloggi più dignitosi per le famiglie operaie. «Negli anni Settanta però esplose il problema della droga e allora fondai l’associazione “La Strada”, che esiste tuttora, per organizzare laboratori di stampa o falegnameria così da allontanare i giovani da questi rischi e per toglierli, appunto, dalla strada - spiega don Giancarlo senza forse accorgersi dell’impatto salvifico che la sua azione ha avuto per tanti ragazzi negli anni Settanta-Ottanta - Alcuni di loro, però, erano già finiti nella droga e quindi bisognava pensare a come aiutarli. Creai prima una comunità terapeutica a Imbersago, in una vecchia casa di proprietà dei miei genitori e con l’opposizione di tutto il vicinato, poi una per i malati di Aids ad Aizurro e un’altra, che esiste ancora, a Villa Gorizia a Sirtori».

L'arrivo a San Zeno

Nel 1994, però, la Curia decise di spostare don Giancarlo e di assegnargli per la prima volta, all’età di 54 anni, una parrocchia. «Volevano mandarmi in un’altra zona di Milano, ma dato che io avevo aperto tutte queste comunità nel Meratese mi destinarono a San Zeno perché essendo vicino avrei potuto continuare a dare una mano - spiega il parroco - San Zeno è una parrocchia impegnativa, con ben cinque chiese (oltre a quella principale, anche quelle di Mondonico, Monticello, Porchera e il santuario del Foppone)».
Da subito, don Giancarlo è diventato un punto di riferimento per la parrocchia e l’oratorio, che gestisce in completa autonomia e con il solo aiuto dei volontari, e si è guadagnato l’affetto dei fedeli anche perché ha sempre voluto mantenere viva la frazione.
«Da tempo si parla di creare una comunità pastorale con Olgiate e si andrà certamente in quella direzione. La mia paura è che poi San Zeno si svuoti, sia dal punto di vista della vita sociale che religiosa. Tutto quello che c’è qui è legato alla parrocchia: la chiesa, l’oratorio, il salone, il bar, l’asilo... Non vorrei che San Zeno restasse emarginata. Bisogna ricordarsi che deve essere la chiesa ad andare verso il popolo e non il popolo a cercare la chiesa». Proprio per questo suo impegno, religioso ma anche pratico e quasi civico nei confronti dei suoi parrocchiani, don Giancarlo non ha intenzione di lasciare il ministero, anche se ne avrebbe tutto il diritto: «A 75 anni è normale che un prete lasci la parrocchia. Io a novembre ne compirò 82 ma sono ancora qui e finché la salute mi accompagna resto volentieri».

Don Giancarlo durante i festeggiamenti per il suo 55esimo anniversario

L'appello: "Giovani, tornate alla fede"

Tante le cose fatte in questi 28 anni, dalla costruzione dell’asilo e del nido parrocchiale al supporto alla Caritas, con raccolta di alimenti e sportelli di ascolto, ma tante anche quelle ancora da fare.
«Voglio sistemare l’oratorio di San Giuseppe e renderlo una sala per la comunità, poi bisogna rifare il campo da calcio. Ci sono tante cose da fare, ma la più importante continua ad essere quella di trasmettere l’amore di Gesù. E’ questa la mia missione, soprattutto con i ragazzi e le giovani famiglie: ricordare loro che tutti i momenti sono belli se vissuti nella Fede. Voglio allontanarli dall’indifferenza religiosa e nei confronti degli altri, riportarli sulla strada della Fede, della speranza e dell’amore di Dio».
La missione di don Giancarlo, insomma, è la stessa da sempre, che sia trasmessa alle famiglie della periferia, ai giovani che si avvicinano alla droga, ai malati di Aids o ai fedeli di una piccola parrocchia che rivendica la sua autonomia: vivere nella fede.

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