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La Fabio Sassi spegne 35 candeline: Lorenzet fa un bilancio del suo mandato

"Nel 2023 record di ricoveri. A chi verrà dopo di me auguro di non smettere di sognare"

La Fabio Sassi spegne 35 candeline: Lorenzet fa un bilancio del suo mandato
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Un anno di festa, ma anche di cambiamenti, con uno sguardo orgoglioso rivolto al passato ma al tempo stesso al futuro dell’associazione.
La Fabio Sassi nel mese di maggio celebrerà i suoi 35 anni di fondazione con uno spettacolo benefico del comico Raul Cremona e proprio in quei giorni rinnoverà il suo Consiglio d’Amministrazione, che a sua volta esprimerà poi il nome del nuovo presidente che raccoglierà il testimone di Daniele Lorenzet, in scadenza dopo quattro anni - due mandati - alla guida del sodalizio.

Lorenzet fa un bilancio del mandato come presidente della Fabio Sassi

«Ho deciso di tornare a essere un semplice volontario e di non propormi nel CdA, perché voglio che i nuovi consiglieri si sentano completamente liberi di impostare il loro lavoro - racconta Lorenzet - L’esperienza della presidenza mi ha arricchito moltissimo, è stata una tappa di un percorso che mi ha visto impegnato nel mondo del volontariato sin da ragazzo, quando ancora abitavo a Milano, tra l’oratorio e le ambulanze e che è poi proseguito in Brianza proprio nella Fabio Sassi».

Tra pandemia e riforma del terzo settore, non è stata una passeggiata.
«L’inizio della pandemia l’ho vissuto quando ero ancora responsabile dei volontari e non ancora presidente: sono stato tra i primi a rimanere contagiato, poi ho vissuto settimane a fare salti mortali per recuperare camici, mascherine, dispositivi vari... Da presidente ho invece gestito direttamente la seconda fase, durante la quale l’hospice non ha mai chiuso alle visite dei parenti neanche un minuto».

Come ci siete riusciti?
«Ci ha mossi un solo pensiero, ovvero quello rivolto ai nostri pazienti. Abbiamo imposto ai visitatori i dispositivi di protezione, ci siamo fatti carico delle spese dei tamponi e abbiamo ridotto il numero di persone, ma nessun paziente è mai rimasto da solo. Fino a quando non è partita la campagna vaccinale abbiamo bloccato i volontari e ci siamo arrangiati con i dipendenti: gradualmente sono tornati quelli dell’accoglienza e poi quelli dell’assistenza, oggi siamo tornati a un numero di ore molto vicino al pre-Covid e ovviamente ne siamo felici».

Come si passa dal ruolo di responsabile dei volontari a quello di fatto manageriale del presidente dell’associazione?
«Il volontario, com’è giusto che sia, fa molta, mi si passi il termine, filosofia. Quando si hanno le redini di un’associazione che di fatto è un’azienda come la Fabio Sassi, bisogna far coincidere la filosofia con il pragmatismo dei numeri e non è sempre facile».

Avete dovuto modificare lo statuto.
«Ce lo ha imposto la riforma del terzo settore ed è stato un braccio di ferro con la burocrazia, perché come sempre in Italia ogni provincia interpreta le carte a modo suo. Abbiamo incontrato parecchie difficoltà, abbiamo dovuto anche forzare un po’ le cose e alzare la voce, ma ce l’abbiamo fatta».

Daniele Lorenzet

Quanto è stato importante il lavoro svolto da chi l’ha preceduta?
«Non importante, indispensabile. Io qualche difficoltà l’ho incontrata, ma anche gli altri presidenti hanno avuto le loro gatte da pelare e ognuno di loro ha spinto la Fabio Sassi ad anticipare i tempi: Domenico Basile ha introdotto il bilancio sociale quando ancora non era obbligatorio, Albino Garavaglia ha insistito molto sull’ottenimento delle certificazioni di qualità che oggi sono un nostro vanto. Nel 2023 abbiamo ricevuto tre ispezioni di Ats, le abbiamo superate tutte senza problemi».

Daina Mac William, intervistata la scorsa settimana, ha insistito sul concetto della Fabio Sassi patrimonio di tutto il Meratese. Cosa ne pensa?
«Che è così, non è retorica. Dal punto di osservazione della presidenza si percepisce ancora di più questo aspetto, ho visto con i miei occhi donazioni di 20 o 30 euro da parte di persone che pur con un reddito basso hanno voluto esprimere gratitudine ai nostri volontari per come hanno accudito un loro parente. Avendo fatto anche io l’amministratore comunale sono grato ai sindaci, soprattutto a quelli di Casatenovo e Imbersago che ci hanno aiutati tantissimo. Ma anche alle aziende, alle associazioni, la Fabio Sassi riesce a mettere in correlazione così tante realtà in un modo davvero incredibile».

C’è qualcosa di cui si è pentito in questi quattro anni?
«Pentito no, credo di aver lavorato bene così come tutti i volontari. Ho provato fastidio per il circo mediatico che abbiamo dovuto gestire quando Carlo Gilardi era ricoverato all’hospice: i blitz delle Iene e delle trasmissioni televisive più disparate e le passerelle di alcuni politici non hanno certo rispettato la volontà di un uomo che chiedeva solo di restare tranquillo».

Qual è lo stato di salute dell’associazione?
«I numeri sono in crescita, lo scorso anno abbiamo registrato il record di ricoveri, ben 264. Mi rammarica però un numero troppo elevato di ricoveri inferiori ai tre giorni. Io ripeto come un mantra la frase di Rita Levi Montalcini, che parlava di “dare vita ai giorni e non giorni alla vita”: in così poco tempo si fa molta fatica a prendersi davvero cura del paziente ma anche dei suoi familiari».

Che futuro vede per la Fabio Sassi?
«Credo che l’associazione debba essere attore protagonista nella sanità locale che sta cambiando. Non si può parlare di case della comunità senza estendere il discorso alle cure palliative».

Cosa augura al suo successore?
«Oggi va un po’ di moda la canzone “Sogna ragazzo sogna” di Vecchioni. A chi verrà dopo di me lascio un foglio bianco e lo invito a sognare, perché i 35 anni della Fabio Sassi sono fatti di tanti piccoli sogni realizzati volta per volta. Non sarà solo: perché il presidente è uno, ma alle spalle ha 200 volontari che lo sostengono».

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