Novità sul sovraindebitamento familiare
Il 25 dicembre 2020 sono state introdotte nell’ordinamento importanti modifiche che anticipano l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza e che rendono più facile accedere alle procedure di sovraindebitamento (L. n.3/2012).
Una delle principali novità è rappresentata dalla previsione del c.d. “sovraindebitamento familiare” (art. 7 bis) che consente a componenti della stessa famiglia (intesa in senso ampio e quindi coniuge, parenti entro il quarto grado, affini entro il secondo grado, parti dell'unione civile e conviventi di fatto) di presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento a condizione che convivano o che il sovraindebitamento abbia un'origine comune (e quindi la stessa causa).
Ne deriva un vantaggio che si traduce in un risparmio di tempi e in una riduzione dei costi: infatti, innanzi all’Organismo di Composizione della Crisi viene depositata un’unica domanda e il Gestore della Crisi (su incarico dell’Organismo) redige una sola relazione particolareggiata da allegare ad un solo ricorso avanti al Tribunale. Il costo dell’Organismo viene suddiviso tra i membri della famiglia in misura proporzionale ai debiti di ciascuno.
La novella legislativa prevede che le masse attive e passive restino distinte; ciò significa che l’attivo ricavato dalla liquidazione di ciascun patrimonio deve soddisfare i creditori di pertinenza del singolo ricorrente e di quelli comuni agli altri ricorrenti, fermo restando il rispetto del principio della concorsualità e dell’ordine delle prelazioni. Scopo della distinzione è evitare che i beni facenti parte del patrimonio di uno dei familiari siano destinati al soddisfacimento di debiti degli altri, ledendo così i diritti dei creditori.
La nuova disposizione si presta ad essere applicata ad una notevole casistica.
Si pensi, ad esempio, ai membri di una stessa famiglia che sostengano costi per fornire cure mediche ad una persona cara o ai quali pervenga un debito per successione ereditaria; o, ancora, ad un membro della famiglia che garantisca personalmente il debito contratto da un altro membro (ad esempio il genitore che garantisce il figlio nell’acquisto della sua casa o la moglie che garantisce per il marito nell’esercizio della sua attività lavorativa).
I membri di una stessa famiglia possono proporre una domanda di accesso unitaria anche se non coabitanti purché l'indebitamento abbia una origine almeno in parte comune. In tal caso la competenza all'apertura della procedura spetta a uno qualsiasi dei giudici che sarebbe competente a decidere della singola procedura di una istanza di liquidazione dei beni.
Questa tesi è stata sostenuta di recente dal Tribunale di Verona, con la pronuncia del 12 maggio 2021.
La sentenza offre un esempio concreto di applicazione del sovraindebitamento familiare.
Infatti, i ricorrenti (padre, figlio e figlia) risultavano coobbligati in solido a seguito di un accollo di un debito di notevole entità contratto dalla defunta moglie e madre degli stessi.
Padre e figlio risiedevano nella medesima città per la quale era territorialmente competente il Tribunale di Verona e percepivano redditi di modesto importo; la figlia, invece, era studentessa universitaria residente in una città diversa per la quale sussisteva la competenza del Tribunale di Milano.
Tutti e tre presentavano un’unica istanza di liquidazione dei propri patrimoni innanzi al Tribunale di Verona che riteneva sussistere la propria competenza in quanto:
- i ricorrente facevano parte della stessa famiglia (padre e figli);
- il sovraindebitamento aveva un’origine comune (la successione).
Si poteva così applicare in via analogica l’art.7 bis L.3/2012 previsto non per i casi di liquidazione del patrimonio ma per le altre due procedure di sovraindebitamento ovvero il piano del consumatore e l’accordo di ristrutturazione dei debiti.
La procedura si poteva aprire nonostante i ricorrenti fossero sostanzialmente privi di beni da destinare alla procedura: infatti un terzo soggetto, in quella fattispecie, si obbligava, mediante scrittura privata, ad erogare in favore degli istanti un finanziamento subordinato all’apertura della procedura. Questo finanziamento rappresentava per ogni ricorrente un credito futuro, già esistente nel proprio patrimonio e la cui erogazione era subordinata solo all’apertura della procedura.
Veniva comunque previsto l’obbligo di restituzione della somma finanziata in dieci anni decorrenti dall’anno successivo alla chiusura delle procedure di liquidazione (c.d. postergazione del credito che comporta la soddisfazione dello stesso solo dopo la soddisfazione degli altri crediti).
In ragione dell’obbligo di restituzione, il finanziamento non veniva considerato finanza esterna da distribuire liberamente dal liquidatore.
Anzi, le somme ottenute in finanziamento da ciascun ricorrere venivano ripartite e venivano destinate a soddisfare i creditori di ognuno di essi e quelli comuni (distinzione delle masse), nel rispetto dell’ordine delle prelazioni.
Venivano quindi aperte tre distinte procedure di liquidazione del patrimonio, una per ciascun ricorrente.
La pronuncia esaminata è sicuramente condivisibile e di certo costituirà un precedente per future pronunce relative ai casi di sovraindebitamento familiare.
Del resto, il ricorso a questo istituto, in caso di famigliari coobbligati, subirà prevedibilmente un aumento quantitativo, in quanto la proposizione di singole istanze potrebbe comportare l’esdebitazione (e quindi la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori anche se non soddisfatti) per un solo componente mentre gli altri membri della famiglia coobbligati non sarebbero liberati.
È chiaro, tuttavia, che solo una attenta disamina economica e giuridica della situazione concreta dei vari soggetti indebitati consentirà di valutare se gli stessi possano beneficiare della procedura in commento.
Studio Legale Notaro e Associati
Dott.ssa Katia Panzeri
Avv. Matteo Notaro