L'intervista

Don Fabio Biancaniello è il nuovo decano di Merate

Il parroco di Montevecchia è stato investito dell'incarico due settimane fa.

Don Fabio Biancaniello è il nuovo decano di Merate
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Don Fabio Biancaniello, dal 1° novembre parroco di Montevecchia, è il nuovo decano di Merate.

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Don Fabio Biancaniello è il nuovo decano di Merate

Originario di Senago, il «nuovo» sacerdote ha preso il posto che è stato a lungo di don Costantino Prina di Osnago, di don Paolo Ferrario di Paderno prima di lui, e prima ancora dell’indimenticato don Felice Viasco, cui spetta il record di aver ricoperto la carica per 26 lunghi anni, dal 1979 al 2005. Don Fabio Biancaniello, che ha 52 anni e sulle spalle 28 anni di messa, è stato nominato il 2 febbraio 2021 dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, insieme agli altri 62 decani della Diocesi, scelti in base ai suggerimenti emersi dalle votazioni effettuate il 19 gennaio 2021 dai presbiteri e dai diaconi dei rispettivi decanati. Approdato nella piccola comunità di Montevecchia dalla popolosa parrocchia di Legnano San Paolo, don Fabio si è prestato volentieri ad una chiacchierata sull’importante impegno che lo attende.

La zona pastorale III di Lecco, cui appartiene il decanato di Merate, è molto diversa dalla realtà da cui lei proviene...

«In effetti sì, la parrocchia in cui ho ricoperto l’ultimo incarico appartiene a un territorio piuttosto popoloso che fa riferimento, per intenderci, al nuovo ospedale di Legnano. Essendo giunto a Montevecchia da poco tempo, ancora sto imparando a conoscere questo territorio. L’unico retroscena che ho risale al 1991, quando da seminarista venni inviato a Maresso dove trascorsi da settembre al luglio dell’anno successivo tutti i fine settimana».

La nomina a decano giunge in un momento storico molto difficile, sia per la Chiesa che per l’emergenza sanitaria in corso. Sente il peso di questa nuova responsabilità?

«Sì, la sento, ma so anche che se opero con umiltà necessaria e fede sufficiente, c’è per fortuna qualcun altro, ben più importante di me, che saprà fare molto meglio. Del resto sono solo un collaboratore, un mediatore scelto dagli altri parroci per trovare nel quotidiano la forma di fraternità che ci permetterà di camminare tutti insieme».

Il decanato di Merate è formato da 11 parrocchie. E’ dal 2007, da quando venne in visita a Merate il cardinale Dionigi Tettamanzi, che si parla di creare tre grandi Comunità. L’orizzonte è rimasto ancora quello?

«Non lo so e non spetta a me deciderlo. Da quando sono arrivato a Montevecchia cerco solo di fare il parroco al meglio delle mie forze. Io penso comunque che dove la Chiesa riesce a parlare la stessa lingua, anche se con stili, umanità e personalità diverse, ci guadagniamo tutti. Se la comunità pastorale dovesse rappresentare lo strumento utile a parlare la lingua della vicinanza agli uomini, bene, altrimenti vorrà dire che si dovrà trovare un altro strumento. Per me è importante l’obiettivo, non lo strumento organizzativo che è secondario rispetto allo scopo».

All’iniziale entusiasmo per le comunità pastorali è poi seguita una battuta d’arresto. A che punto è la riflessione all’interno della Chiesa su questo tema?

«Per quel che so io come prete diocesano che ha 28 anni di messa sulle spalle, ci si è fermati per verificare com’è andata e valutare se, e come, intraprendere una strada migliore».

Al cardinal Martini in visita pastorale a Merate nel 1987 don Felice Viasco disse che il decanato di Merate era a 3 «V»: Verde, Vivace e Vigile. Allo stesso Martini in visita nel 1999 don Felice disse che era diventato a 3 «G»: Grigio, Gracile e Geriatrico... Lei come vorrebbe che fosse il suo decanato? Con quali aggettivi lo definirebbe?

«Che immagine - dice ridendo don Fabio, cercando poi di stare al gioco - Vediamo un po’... il mio vorrei che fosse Felice, Familiare e... non mi viene la terza “F”. La comunità cristiana io la immagino ricca di umanità e capace di accogliere, sorridere e lavorare insieme. Ecco, sono questi gli aggettivi che mi vengono in mente».

Ma quali sono i compiti del decano? Può spiegarceli in maniera semplice?

«Li ha descritti il cardinal Tettamanzi nella lettera del Giovedì Santo del 2005. I compiti più importanti, se ricordo bene, sono sostanzialmente due: creare un clima di fraternità tra i preti del decanato, facendo in modo di farsi conoscere e conoscersi, e creare occasioni per condividere in maniera autentica la propria fede, che è quello che abbiamo di più prezioso».

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